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La pronuncia della Corte dei conti del Friuli Venezia Giulia (delibera n. 15 del /2020) dimostra che è ormai diffusa e riconosciuta la consapevolezza, anche da parte dell’organo di giustizia contabile, che il riferimento alla spesa storica dell’anno 2013 per la quantificazione dei compensi degli amministratori delle società partecipate è ormai inadeguato.

La Corte ha sollevato le criticità derivanti dall’ultrattività di una norma (l’arti-colo 4, comma 4, secondo periodo, del Dl 6 luglio 2012 n. 95, tuttora vigente sino all’emanazione del cd. decreto-fasce previsto dall’art. 11 del TUSP) la cui applicazione doveva essere limitata a un periodo transitorio, di per sé di breve durata, evidenziando che il compenso degli amministratori deve essere tale da garantire un proficuo e professionale funzionamento degli organi societari, rilevando che, al contrario, la generalizzata e incondizionata applicazione del criterio della spesa storica potrebbe condurre a esiti irragionevoli e contrari allo spirito della norma perché potrebbe premiare gli enti meno oculati, che hanno realizzato ampi volumi di spesa, a discapito di quelli più virtuosi, i quali non ne hanno sostenuta alcuna.

Da ciò ha riconosciuto la necessità di superare il criterio della spesa storica, qualora non adeguato al caso concreto, individuando un «parametro diverso», collegato al criterio di ragionevolezza sulla scorta dei compiti e delle responsabilità degli amministratori.

Di seguito il nostro approfondimento pubblicato su Quotidiano Enti Locali & PA de Il Sole 24:

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